Interviste

15° Intervista al M° Giuseppe Perlati

KARATE DO LU/AG/SETT 2010 NR 19

La Federazione, secondo me uno strumento indispensabile.

Carissimo Sergio, ho letto con il consueto interesse il tuo articolo “Federazione, secondo me un male necessario” e devo dirti che non ne ho compreso il senso anche se, come sempre, i tuoi scritti mi sono graditi perché fanno riflettere.

Inoltre, leggendo e rileggendo il tuo articolo, mi sembra che tu cada spesso in contraddizioni e che alcune affermazioni risentano di una carenza di informazioni.

Andiamo per gradi.

Il tuo “approccio anarchico al concetto di Federazione” , in questo caso parliamo della FIKTA, stride con le affermazioni di “fedeltà e lealtà” al tuo Maestro Fugazza ed al Maestro Shirai, modelli “da imitare non solo nella pratica ma anche nella vita”.

Io concordo su queste affermazioni e la FIKTA è stata fondata e prosegue il suo lavoro esclusivamente su questi presupposti. Senza il Maestro Shirai la Fikta non avrebbe senso ed io sarei dove sarebbe, eventualmente, il Maestro Shirai e con me Contarelli, Fugazza e tantissimi altri. Allora perché è un “male”?

Se consideri la FIKTA solo “una struttura associativa” alla stregua di altre Federazioni sei in contraddizione con lo scopo della costituzione di una associazione da parte di soggetti che hanno lo stesso obiettivo e la stessa “lealtà e fedeltà” ad un Maestro.

E’ un concetto questo che mi sono sforzato di fare ben comprendere agli Aspiranti Istruttori ed agli Aspiranti Maestri dei corsi organizzati dalla FIKTA.

La FIKTA NON è “una struttura associativa (omissis) che eroga servizi in cambio del pagamento (meglio dire: versamento) della quota associativa” per il semplice fatto che non sarebbe una “associazione” ma una Sociatà commerciale.

E’ lo stesso principio che nel tuo libro richiami per le Società Sportive dove “gli allievi di un corso di karate erano considerati materia grezza da forgiare e non clienti da tenersi buoni”.

La FIKTA è lo strumento che permette alle Società Sportive di svolgere il loro lavoro di “forgiatura” ed è, pertanto, indispensabile.

Se così non fosse io, come tanti altri, non dedicherei tanto tempo alla FIKTA.

Certamente molte cose possono essere migliorate e ben vengano suggerimenti e proposte costruttive che sicuramente verrebbero prese nella dovuta considerazione da parte delle Commissioni Nazionali, dal Consiglio di Presidenza, dal Consiglio Federale e, in ultima istanza, dall’Assemblea Federale.

Così funziona la FIKTA e così dovrebbero funzionare tutte le “Associazioni”.

Se qualche membro si comporta in modo ineducato il fatto deve essere segnalato e ti assicuro che verrebbero presi dei provvedimenti così come verrebbe censurato il comportamento del personale dipendente; tutto ciò non perché hai versato la quota associativa, che non c’entra nulla, ma perché i rapporti devono essere consoni di una convivenza civile ed educata come deve avvenire anche all’interno di un dojo.

Per questo ritengo che la Fikta debba essere considerata un “grande dojo” gestito non secondo regole gerarchiche ma da soggetti eletti democraticamente da una Assemblea degli associati, come è sempre stato fatto.

La verità è che pochi si interessano e partecipano alla gestione della Federazione: la maggioranza delega ad altri i compiti più impegnativi per dedicarsi esclusivamente alla pratica ed al funzionamento della loro Società.

Purtroppo in questo modo, col tempo, si perde di vista la funzione della Federazione che diventa, per loro, un’entità astratta alla quale versare le quote richieste per chiedere in cambio dei servizi anziché essere la “loro” Federazione ed il mezzo per collaborare con altri che hanno lo stesso obiettivo.

Sicuramente questo è stato un errore anche mio perché davo per scontato che tutti i maestri avrebbero coinvolto i loro allievi spiegando loro le origini ed il grande progetto del quale hanno fatto parte ed al quale partecipano tutt’ora.

Per quanto riguarda la capacità politica di gestire la Federazione sicuramente di errori ne sono stati fatti proprio perché, come dici tu, non siamo dei “politici di mestiere”, ma i risultati che abbiamo ottenuto ci sono invidiati da tutti e non esistono al mondo strutture come la FIKTA e l’ISI (il Campionato mondiale nel 2000 ne è il fiore all’occhiello).

Per quanto riguarda ”lo scioglimento dalla FESIKA per inseguire il sogno del karate nel CONI”, devi sapere che il Maestro Shirai, mandato in Italia dalla JKA, aveva il DOVERE di cercare il riconoscimento del karate in un Organismo Nazionale Ufficiale e non era possibile, a quel tempo, rifiutare l’opportunità che si era presentata.

Quelli che se ne sono andati “disgustati”, a parole dichiaravano “fedeltà e lealtà” ma in realtà non hanno voluto “sporcarsi le mani” impegnandosi per il successo di una operazione obbligata.

Anche lo scioglimento della FIKTEDA è stato un passaggio obbligato perché proprio dalla Lombardia, dal Veneto e dal Piemonte ci venivano a mancare ogni anno numerose Società e la FIKTEDA era un carrozzone con molti dipendenti e con la sede a Roma, impossibile da gestire con tutti contro e le Società che premevano per l’ingresso nella FITAK riconosciuta dal CONI.

Veniamo all’ITKF.

Occorre chiarire che il M° NISHIYAMA ha fatto un lavore encomiabile per presentare al CIO un programma di competizioni che si distinguessero da quelle dell’ ex WUKO.

Se non ci fosse stato il M° NISHIYAMA forse oggi l’unico karate visibile ed ufficiale sarebbe quello della ex WUKO, con tutte le conseguenze immaginabili. Quanti l’hanno capito?

L’errore nostro è stato di riportare nelle competizioni in italia il regolamento internazionale però mi sembra che il livello dei singoli atleti sia molto migliorato e con qualche aggiustamento si potranno ottenere in futuro degli ottimi risultati.

Passando al “proliferare di diverse Organizzazioni all’interno della stessa famiglia costringendo il praticante a pagare vari balzelli“ (il termine è fastidioso perché rende un’ immagine diversa dalla realtà essendo “quote associative” versate da chi è interessato ad associarsi) occorre ricordare che 35 anni fa c’era solamente la FESIKA. Che l’ISI è stato fondato in un periodo particolarmente delicato (FIKTEDA e FITAK) per essere certi di potere sempre praticare il Karate proposto dal Maestro Shirai, di affiliarsi alla JKA e, tra l’altro, per garantire al Maestro stesso ed al Maestro Naito il permesso di soggiorno.

Quando l’ISI è stato riconosciuto dallo Stato Italiano come Ente Morale ovviamente era inopportuno scioglierlo anche se, a quel punto, era già stata costituita la FIKTA.

Oggi è la scuola di specializzazione dello stile Shotokan riconosciuta come tale anche dalla FIJLKAM: lo dobbiamo sciogliere?

Il Goshindo è una ricerca del M° Shirai il quale non intende toccare lo stile Shotokan ma fare un lavoro personale (si chiama “Hiroshi Shirai Goshindo” e non “Associazione Goshindo Italia”) al quale si avvicinano quelli che ne sono interessati, senza alcun obbligo: 35 anni fa non c’era.

La JKA Italia è stata fondata per riallacciare i rapporti con la JKA di Tokyo nel momento in cui la FIKTA aderiva, come oggi, alla ITKF e la JKA di Tokyo alla ex WUKO (l’ISI non aderiva più alla JKA di Tokyo da anni).

Anche politicamente era opportuno farlo visto che non si sapeva come si sarebbe conclusa la vicenda CIO. La JKA Italia è un’Organizzazione autonoma alla quale gli interessati alla sua attività devono tesserarsi come è normale e giusto che sia.

Non capisco cosa c’entri la Kokoro International del Maestro Marchini che mi risulta essere una associazione alla quale aderiscono dei suoi allievi o quanti vogliono seguirlo nello studio del karate, né più né meno di quello che avviene nelle Società ma con una prospettiva più ampia (o più specialistica, dipende dai punti di vista).

Chi vuole praticare Karate come 35 anni fa può farlo tranquillamente nella FIKTA ma i tempi sono cambiati, il livello è enormemente aumentato, lo studio è diventato più complesso e richiede un impegno molto maggiore sotto tutti gli aspetti. Occorre anche ricordare che esistono delle leggi fiscali che impongono l’appartenenza ad una associazione per potere svolgere l’attività proposta dall’associazione stessa altrimenti è considerata a tutti gli effetti attività commerciale.

Per ultimo il “peccato originale”. Se scrivi “credo inevitabile” perché lo consideri un errore?

Abbiamo iniziato tutti a praticare senza conoscere nulla del karate, della politica, dell’organizzazione ed era naturale affidarsi totalmente alla persona che ne sapeva più di noi ma abbiamo imparato ed il risultato è eccellente se non si guarda col microscopio.

Davvero pensi che per 45 anni abbiamo seguito come delle pecorelle ignare un leader carismatico?

Non credi che il Maestro Shirai ci abbia rispettato, stimolato, insegnato per fare di noi dei maestri di Karate capaci di gestirci autonomamente?

Tutto il lavoro, l’impegno, la fatica, la responsabilità che il Maestro Shirai si è portato sulle spalle per tanti anni sarebbe stato inutile.

Invece io sono sicuro che il Maestro abbia voluto e vuole fare di noi dei Maestri Italiani di Karate che non hanno più bisogno di nessuno perché in grado di scegliere e di fare germogliare il seme che ci ha portato dal Giappone.

Questo è ciò che fa del Maestro Shirai un Maestro eccezionale. Vuole grande il Karate Italiano e grandi i suoi allievi. Non siamo stati “colti tutti impreparati”, ne siamo coscienti da sempre e questo periodo è solamente un passaggio di livello, frutto dei livelli precedenti.

Certo, abbiamo 60 anni (qualcuno ne ha di più) e solo ora possiamo essere paragonati ai maestri che sono venuti in Europa negli anni sessanta perché, anche se erano giovani, avevano una conoscenza del karate che non ha paragoni con i maestri attuali di 30/40 anni.

Sicuramente nemmeno noi sessantenni siamo a quel livello.

Non mi riferisco alle tecniche ma ai principi, allo scopo del Karate, al Karate-do e spero che nei prossimi anni il Maestro ci guidi per raggiungere quel livello.

Sono convinto anch’io che occorra un cambio generazionale ma quando vedo che il 90% dell’impegno ruota intorno all’agonismo penso che stiamo camminando su di uno strato di ghiaccio molto sottile e che è molto facile che il Karate Tradizionale non diventi altro che un Karate sportivo più bello e completo di altri Karate Sportivi ma limitato alla sola gestualità ed alle tecniche.

Certamente l’agonismo è una fase importante, direi indispensabile, ma, come descrive perfettamente il Maestro Nishiyama nel manuale dell’ITKF, deve essere considerato un test per verificare il proprio livello e l’obiettivo non deve essere solamente il risultato ma l’allenamento che viene praticato per raggiungere il risultato stesso.

Quando un mio allievo si è presentato felice per aver conquistato la medaglia di bronzo ad un Campionato Europeo ho sentito il dovere di dirgli, con dolore, che quel terzo posto non valeva nulla perché non si era allenato da molti mesi , che aveva solamente incontrato atleti di livello inferiore al suo e che avrebbe dovuto allenarsi di più per avere come obiettivo il primo posto.

Se il Karate è un mezzo allora occorre andare oltre le tecniche per comprendere e assimilare il “principio” lo “scopo ultimo” dal quale discende la pratica. Sicuramente tutto va ricondotto alla pratica e non alla filosofia o all’intellettualismo però la pratica deriva dalla chiarezza dell’ “obiettivo” e, come ho detto, dallo “scopo ultimo”.

Il Karate è un fiore stupendo e molto profumato ma anche molto delicato pertanto occorre fare molta attenzione per essere certi di percorrere la strada giusta e non cadere nelle illusioni.

Nel tuo libro, al capitolo “Una lezione di zanshin in Valmalengo” hai descritto perfettamente quello che intendo dire.

Se la strada che abbiamo percorso ci ha portato a dei risultati, perché cambiarla? Perché rischiare di portare i propri allievi su una via che potrebbe essere per loro sbagliata o, addirittura, pericolosa? Se proprio qualcuno vuole cambiare deve sperimentare da solo, percorrere altre vie, poi tornare e proporre ad altri di percorrere la stessa via. (OFELE’ FA’ ILTO’ MESTE’… l’esperto di camminate sono io!)

Dal nulla stiamo realizzando un sogno e saremmo veramente stolti se non lavorassimo per preparare le generazioni future al ricambio, il problema è: saremo in grado di formare dei Maestri?

Su questo punto occorre lavorare, discutere e se necessario litigare per seguire la strada giusta.

Concludo facendo mio il tuo ultimo capoverso: “il sentimento che in tedesco si chiama Treue: la lealtà e la fedeltà al mio Maestro, Carlo Fugazza, che seguirò dovunque andrà, ben sapendo che lo stesso legame lega lui al primo anello della catena, quello che tiene la barca del Karate italiano saldamente ancorata ai suoi principi etici, prima ancora che tecnici, originari: il Maestro Hiroshi Shirai” e che, anche se non ti piace ammetterlo, fa della FIKTA un “grande dojo”.