5° Intervista al M° Giuseppe Perlati
KARATE-DO nr. 9/08
Oss Maestro,
c'è un aneddoto della sua vita che le ha fatto capire, più di ogni altra
cosa, che la strada da seguire era quella del Karate? Isabella Grotto
Ancora fino a pochi anni fa mi sono chiesto perché, con tante attività che si possono
intraprendere, ho scelto il Karate.
Nonostante la mia naturale pigrizia ho praticato diverse discipline: nuoto, sci,
sci nautico, tiro a segno con la pistola, alpinismo, paracadutismo, vela, hata yoga.
Tutte praticate con entusiasmo ed in alcune ero anche bravo o, almeno, portato.
Sicuramente ho iniziato a praticare Karate per autodifesa e in quel periodo, anni
60, era una disciplina misteriosa che dava l’immagine di rendere invincibili.
Oltre ad essere pigro non ho mai sopportato la ripetizione dei gesti, degli eventi
e gli obblighi, inoltre ho molta difficoltà fisica a praticare Karate.
Allora perché, cocciutamente, andando contro quello che appariva essere la mia naturale
inclinazione, ho sopportato, soprattutto i primi 20 anni, sofferenze fisiche e mentali,
trascurando tutto quello che non era legato al Karate?
La nostra mente sicuramente è misteriosa. A volte ci fa credere che noi siamo quello
che in realtà non siamo. Spesso quello che crediamo essere il nostro carattere non
è altro che una patina di condizionamento che ci ha avvolto nei primi anni di vita
nascondendo ciò che siamo veramente.
“Conosci te stesso”. Forse è stata questa semplice frase, che ho letto o sentito
casualmente, a mettere in moto nella mente un meccanismo di ribellione a quello
che credevo essere me stesso in quel momento. Sicuramente corrisponde con quello
che poi ho scoperto di me stesso.
Ho più determinazione di quella che pensavo, ho più affettività di quella che credevo,
ho più coraggio di quello che immaginavo.
Il duro lavoro compiuto sotto la guida del Maestro Shirai, che ho avuto la fortuna
di incontrare, mi ha tolto la patina che avevo e, come quando appare il sole in
una giornata di nebbia, tutto mi è apparso più chiaro e diverso da quello che avevo
vissuto fino a quel momento.
Ripetere un gesto decine, centinaia, migliaia di volte non è più una ripetizione
perché il gesto è sempre uno solo ed ognuno è diverso dall’altro, ogni gesto diventa
bellissimo perché è l’unico che esiste, ed è sempre la prima volta.
E’ misterioso, occorre andare in profondità per conoscerlo, viverlo, farlo diventare
te stesso: meraviglioso!
Il lavoro che devo fare su di me non è ancora finito e penso che non finirà mai,
per questo penso che occorra mantenere sempre vivo lo spirito del principiante.
La nostra mente tende, come in una spirale, ad andare in espansione: il nostro compito
è invertire la spirale ed andare in concentrazione, verso il centro, verso il “principio”,
solo allora possiamo ritornare all’espansione ma con una potenzialità, un’energia
diversa.
Oggi purtroppo viene insegnato ai giovani che non è positivo essere monotematici
ottenendo il risultato negativo della superficialità, di una moltitudine di seguaci,
di spettatori e di pochissimi protagonisti.
Tutte le strade portano agli stessi principi se praticate in profondità.
Ho avuto occasione di ascoltare un grande cantante lirico (Andrea Boccelli) parlare
della musica e ha detto esattamente quello che avrei detto del Karate.
Mi permetto di darti un consiglio.
Tutto quello che ho scritto consideralo delle balle, vai a vedere tu chi sei veramente,
con le tue mani, perché quando pensi di avere capito con la mente non è vero, vera
sei solo tu, una fiammella accesa e meravigliosa in questo immenso Universo.
Gent. Maestro, sono un allievo di Karate, nell'ultimo numero di questa rivista,
in un articolo riguardante i campionati in Toscana, ho letto che è stata eseguito
un kata di Goshin do. La cosa mi ha incuriosito, saprebbe gentilmente spiegarmi
cos'è e che relazione ha con il Karate?
Oss. Enrico Vasconetto
Il termine GOSHINDO è formato da 3 ideogrammi: go (proteggere, salvaguardare, difendere),
shin (corpo, essere, persona), do (via, strada, percorso). Si può dire quindi che
GOSHIN significa salvaguardia di se stessi e DO è la via da percorrere per raggiungere
tale scopo.
Il goshin racchiude in se tutte le discipline nate per l’autodifesa: il Karate,
il jujitzu, il kenjitzu, l’aikijitzu, ecc., ognuna con le sue caratteristiche tecniche,
ciascuna diversa dall’altra.
Praticando profondamente una delle discipline ci si pone l’obiettivo di raggiungere
il goshin, ciò vale per tutte le discipline perché lo scopo è lo stesso per ognuna.
Questo dal punto di vista tecnico, fisico.
Quando il Maestro Funakoshi ha chiamato Karate (vuota mano) quello che veniva chiamato
“mano cinese”, ha voluto darne un significato più profondo dal semplice aspetto
fisico, senza per questo prescindere dalla pratica corporea, indicando lo scopo
di “vuotare se stessi”
In questo modo la pratica non è finalizzata esclusivamente al raggiungimento di
un risultato esteriore ma, attraverso la tecnica, ottenere una persona diversa,
migliore da ogni punto di vista. La tecnica non è più un fine ma un mezzo.
Da quel momento al termine Karate è stato aggiunto il “DO” diventando Karatedo per
indicare la “VIA” per un miglioramento fisico, mentale e spirituale. Ciò vale anche
per il goshin che diventa GOSHINDO così come tutte le altre discipline (judo, kendo,
aikido).
Per cercare di chiarirne meglio la relazione si può dire che il Karate ha il limite
del suo bagaglio tecnico mentre il Karatedo, così come il goshindo, non ha limiti
e spazia dalle tecniche del Karate alle tecniche di altre discipline, dalla respirazione
all’alimentazione, da una vita “pulita” a tutto ciò che può essere utile per vivere
meglio e più a lungo.
Anche un praticante di Karate-do in questo modo avrà praticato goshindo.
Il GOSHINDO che viene proposto dal Maestro Shirai è la naturale evoluzione, tecnica,
mentale e spirituale della Sua concezione del Karate rispettando e senza nulla togliere
allo stile Shotokan, come è giusto che sia.
Deve essere chiaro che nessuna strada è migliore dell’altra.
Tutte portano lo stesso risultato se praticate con il principio del “DO”.