Interviste

19° Intervista al M° Giuseppe Perlati

KARATE DO OTT/NOV/DIC 2011 NR 24

Sergio Roedner ha il potere di costringermi a pensare e di mettermi in discussione.

Da una parte mi fa piacere perché mi aiuta ad analizzare se la strada che sto percorrendo è quella giusta per me, dall’altra mi innervosisce perché mi ritrovo ad impegnare del tempo che vorrei dedicare a pensieri ed azioni più interessanti.

In questo caso mi riferisco all’articolo dal titolo Nostalgia di FESIKA… riflessioni su facebook apparso sul n° 23 di Karate Do.

Internet: croce e delizia dell’umanità! C’è chi lo ama e chi lo odia. C’è chi lo usa e chi si fa usare.

Per quanto mi riguarda lo ritengo uno strumento eccezionale che, come tutti gli strumenti, dovrebbe essere utilizzato con parsimonia e con la consapevolezza della responsabilità che comporta perché le parole sono pietre e, come ho già avuto modo di scrivere, è più opportuno pensare a ciò che si dice piuttosto che dire ciò che si pensa.

Se utilizzo il karate come cartina di tornasole per rendermi conto dell’affidabilità di ciò che trovo su internet, devo ammettere che, per una percentuale altissima, sono, nel migliore dei casi, banalità, inesattezze, opinioni buttate su quel mezzo straordinario senza riflettere a fondo e faccio fatica a comprenderne il senso se non quello di chiacchiere da “bar sport”.

Spero che ciò valga solo per il karate e non per gli infiniti di altri argomenti che si possono trovare sul web, altrimenti sarà necessario presto avere un manuale con indicazioni precise sull’uso e l’interpretazione delle notizie.

In particolare facebook è certamente un mezzo per comunicare con un numero altissimo di persone che non sarebbe possibile contattare in altri modi, con la stessa frequenza e lo stesso risultato.

Sicuramente può aiutare ad analizzare meglio gli argomenti avendo a disposizione innumerevoli interlocutori e pareri ma dovrebbe essere utilizzato con serietà e competenza altrimenti scade nel pettegolezzo, nella superficialità, proprio come le chiacchiere al “bar sport”.

Milioni di giovani stanno utilizzando il web inondandolo di parole come “libertà”, “dignità”, “fratellanza”, aiutando l’umanità ad uscire da un oscurantismo secolare e ottenendo risultati straordinari in tanti paesi.

Discutono di politica e di finanza parallelamente ad altri che perdono tempo parlandosi addosso.

Per quanto mi riguarda ho sempre evitato di perdere tempo in discorsi inutili preferendo fare qualcosa anziché parlarne tanto.

“Vale più una goccia di pratica di un mare di teoria”.

Tutti i Maestri ci hanno sempre dato questa indicazione.

A tale proposito voglio fare un inciso.

Sento tanti praticanti che dichiarano di nutrire grande stima per il Maestro Shirai, non solo come maestro di karate ma anche come maestro di vita.

Molti di loro sono le stesse persone che non lo ascoltano.

Il Maestro, attraverso la pratica, ci offre da sempre delle preziose e fondamentali indicazioni sul comportamento, sia individuale che per il rapporto con gli altri.

Che vera stima hanno i maestri che fanno molta attenzione all’insegnamento delle tecniche (non sempre) e poi restano sordi alle indicazioni per un percorso che ci porti ad essere degli esseri umani migliori, che rispettino il Dojo Kun, che abbiano come obiettivo il “KU”?

Leggendo gli stralci delle affermazioni che Sergio riporta nel suo articolo ho avuto una sensazione sgradevole.

Questo è il mio pregio e, allo stesso tempo, il mio difetto.

Non sono in grado di comprendere subito quello che leggo o le parole che ascolto: ho delle sensazioni e, in un secondo tempo, cerco di capire da dove vengono le sensazioni che ho provato.

In questo caso ho avuto l’impressione di vivere su pianeti diversi.

Credevo di avere percorso la stessa strada con altri amici e invece mi sembra di viaggiare su orbite separate e molto distanti tra loro.

Io ho vissuto direttamente, continuamente e profondamente tutto il percorso del nostro karate: dall’AIK alla FESIKA, dalla FESIKA alla FIKTEDA, dalla FIKTEDA alla FITAK, dalla FIKTAK alla FIKTA.

Sono sempre pronto a ragionare per migliorare quello che stiamo facendo ma ritengo ridicolo rimpiangere il passato soprattutto se chi lo rimpiange è sparito dal mondo del karate da oltre 30 anni.

Come eravamo? Ma il karate non insegna che ciò che conta è come siamo e non come eravamo?

Ho già avuto modo di scrivere qualcosa sulla “presunzione”: siccome qualcuno perde l’entusiasmo e le cose non vanno come vorrebbe allora sono gli altri che sbagliano ed ha la presunzione di essere nel giusto.

Sono talmente convinti che invitano tutti ad essere uniti in una grande Federazione e poi ne fondano delle nuove o vi si trasferiscono; ma la FIKTA è qui! Il Maestro Shirai è qui, nella FIKTA!

Dove sono stati i puri di spirito, quelli più realisti del Re, negli ultimi 30 anni?

Non è stata una bella dimostrazione di stima averlo abbandonato nel momento di una scelta dolorosa senza nemmeno sapere con precisione perché è stata fatta. Se qualcuno è interessato a sapere il perché di quella scelta, sono a disposizione.

Trent’anni sono una generazione, una vita, e di acqua ne è passata sotto i ponti.

“Quando il sole volge al tramonto anche le ombre dei nani si allungano” (proverbio orientale).

Quelli che erano praticanti negli anni 70 hanno raggiunto un’età per la quale dovrebbero essere un po’ più saggi e, se ne hanno voglia, rimboccarsi le maniche per ricominciare a praticare anziché piangere sul passato.

Invito a rileggere quello che ho riportato sullo stesso numero 23 di Karate Do, scritto dal Maestro Shirai nel suo “Manuale di karate”, e farlo proprio.

Sarà perché io non ho perso l’entusiasmo, anzi, ora penso di averne di più di quanto ne avevo negli anni 70, perché si sta realizzando il sogno che mi è stato regalato e come me ci sono centinaia di maestri e migliaia di giovani praticanti.

Oggi pratichiamo un karate che è avanti anni luce rispetto a quello di 30 anni fa.

Chi non ha seguito, passo dopo passo, il Maestro Shirai, o pur seguendolo, non lo ha ascoltato limitandosi, o dando priorità, all’aspetto fisico-atletico, oggi non è in grado di capire il suo linguaggio perché è su un altro pianeta.

Probabilmente è per questo che qualcuno si sente frustrato.

Voglio ricordare una frase lapidaria del Maestro Kase che probabilmente quelli che si vantano di essere stati suoi allievi non hanno ascoltato: “Se un praticante smette di allenarsi dopo 10 anni è come se non avesse mai fatto karate, se smette dopo 20 è la stessa cosa, e così è se smette dopo 30 anni o 40 o 50 o oltre: è come se non lo avesse mai fatto!”



Giuseppe Perlati