Interviste

7° Intervista al M° Giuseppe Perlati

KARATE-DO nr. 11/08

Domanda 1
Caro Maestro,
Vorrei sapere secondo Lei, come sarà il Karate "del futuro", ovvero prevede dei cambiamenti radicali nel modo in cui il Karate verrà praticato, o insegnato? Questa domanda è nata dal fatto che nell'epoca in cui viviamo, tutto cambia rapidamente, e non sempre in meglio....anche se credo che il karatè non sia cambiato molto negli anni (a parte per delle migliorie o evoluzioni delle tecniche), si riuscirà a mentenere una certa linea invariabile anche in futuro?

Penso che sia impossibile rispondere a questa domanda.

Forse dando delle risposte ad altre domande può darsi che si riesca almeno a precisare alcuni punti.

Innanzi tutto occorre chiarire di quale “Karate” stiamo parlando.

Del Karate inteso come autodifesa a mani nude contro avversari anche armati? Del Karate parte del budo? Del Karate-do? Del Karate sportivo? Del Karate agonistico (non sempre il Karate sportivo è anche agonistico)? Del Karate per i bambini o per gli anziani?

Secondo me il Karate è tutto ciò o meglio, il Karate dovrebbe comprendere tutti gli aspetti sopraelencati.

Fino ai primi anni successivi alla seconda guerra mondiale con c’erano tanti dubbi: il Karate era uno solo e tutti gli stili perseguivano lo stesso scopo; faceva parte del Budo ed i risultati dipendevano dalle scuole e dai maestri.

Negli anni ’60 e ’70 diversi Maestri giapponesi hanno diffuso il Karate in Europa, nelle Americhe, in Asia, in Africa, praticamente in tutto il mondo. In quegli anni il Karate ha continuato ad essere uno solo anche se con “stili” diversi.
E’ stato solamente dal 1980 che ha iniziato a serpeggiare sempre più insidioso il cosiddetto Karate moderno o Karate sportivo.

Oggi è molto difficile pronosticare il futuro.

Posso cercare di analizzare i singoli aspetti esprimendo un parere del tutto personale invitando però tutti gli insegnanti a farsi chiaramente e onestamente le domande: “che Karate pratico?”, “che Karate insegno?”, “che scopo ha il mio Karate?”

Di certo il termine “Karate”, come quello di “Arte Marziale”, è abusato e spesso ciò che viene proposto non ha nulla a che vedere col Karate. Quello che viene insegnato come Karate sportivo o Karate moderno non è altro che un insieme di tecniche, molto limitate, che imitano quelle del Karate originale: calci e pugni che hanno come unico scopo vincere un incontro agonistico condizionato da regolamenti più o meno simili.

Probabilmente questo sarà il Karate del futuro perché più facile da apprendere e meno impegnativo dal punto di vista psicologico.

Se così sarà rimarrà solo il nome “Karate”: solo la punta di un iceberg, sotto la quale il poderoso e stupendo materiale tecnico ed umano che ci è stato tramandato si perderà o rimarrà nascosto ad appannaggio di pochi cocciuti ortodossi.

Quello che mi sembra poco corretto è che i promotori del cosiddetto Karate moderno, o Karate sportivo, dichiarino di praticare un Karate nuovo, depurato dei principi e dei metodi tradizionali, e che però, per comodità e per salvaguardare la loro immagine, mantengano atteggiamenti e strutture di facciata come i gradi (kyu e dan), l’abbigliamento (Karategi), le qualifiche (maestro?!?), il nome orientale delle palestre.

Certamente dovrebbero abbandonare queste sovrastrutture ed allenarsi come fanno i praticanti di qualsiasi altro sport di combattimento (lotta, pugilato, ecc…): in questo senso gli atleti di kick boxing sono più coerenti ed onesti.

Non solo, spesso lo spacciano come “Arte Marziale” promettendo particolari benefici psico-fisici soprattutto ai bambini ed ai ragazzi.

Quando vedo dei bambini di 5/6 anni con guantoni e protezioni che si danno calci e pugni inorridisco e penso che sarebbe opportuno l’intervento di qualche Autorità per porre fine ai danni psico-fisici che vengono arrecati a questi giovani.

Ma così va il mondo! Porsi contro corrente o atteggiarsi a dei Don Chisciotte non serve.

La mia speranza (non è una previsione) è che chi ama il Karate come ci è stato trasmesso dai Grandi Maestri del passato chiarisca bene a se stesso dove vuole arrivare e che, insieme ad altri che hanno stesso scopo, senza porsi in conflitto con chi ha fini diversi, lavori seriamente per tramandare una disciplina preziosa ma delicata come il Karate tradizionale.

Dopo tanti anni posso asserire che il metodo di pratica del Karate tradizionale è quasi perfetto. Dal saluto iniziale al saluto finale (così come il tempo che precede e quello che segue) tutto è stato studiato, sperimentato e proposto per ottenere il massimo risultato come Arte Marziale: fisico, tecnico e mentale.

Spetta a noi capire il significato di ciò che ci è stato lasciato: praticarlo, “digerirlo” e tramandarlo a nostra volta, migliorando la metodologia con le conoscenze scientifiche moderne ma senza snaturarne il “principio”.

Nulla è statico, tutto è in continuo mutamento, anche il Karate tradizionale è in continua evoluzione ma se non manterrà vivo il “principio” non sarà più Karate.

Come in tutte le cose ciò che fa la differenza sono i particolari, all’apparenza insignificanti, in realtà determinanti: così è per il Karate. Non dobbiamo trascurali ma cercare e farli nostri.

Sicuramente entrare in possesso di una tecnica veramente efficace è molto difficile e richiede un lavoro intenso, costante, sotto la direzione di un “maestro” che sia in grado di lavorare su noi stessi, sia fisicamente che, soprattutto, mentalmente.

Il futuro del Karate italiano dipenderà da noi, dalla FIKTA e dai suoi maestri.

Il M° Shirai ha lavorato per tanti anni e sta ancora lavorando per questo ampliando il percorso anche con il “goshindo”: la storia chiarirà se l’abbiamo meritato e compreso.

Per quanto riguarda il Karate moderno o sportivo spero che in futuro sia collocato, insieme ad altri sport di combattimento che utilizzano calci e pugni, in un unico sport (per esempio kick boxing) lasciando il termine “Karate” ad altri che invece vogliono continuare a praticarlo.

Ultim’ora; ho appreso da una fonte autorevole che anche nella kick boxing usano i kyu ed i dan: peccato per loro perché non ne vedo il senso.

Domanda 2
Caro Maestro,
Volevo farle una domanda riguardo al kumite. E' una domanda che molti si pongono...ma pochi sanno dare una risposta. ll modo di combattere del karateka nel nostro stile è secondo lei completo e paragonabile ad altri stili o arti marziali o è difficile se non impossibile fare confronti? Quali secondo lei sono i pregi e quali i difetti del nostro kumite?

Anche in questo caso prima di entrare nel merito occorre chiarire che cosa si intende per “kumite” altrimenti si rischia di fare solo confusione.

Il kumite, o combattimento, nelle Arti Marziali ha due aspetti fondamentali: “combattimento reale” contro uno o più avversari, anche armati, ed il combattimento (jiyu kumite) praticato nei dojo per addestrarsi al “combattimento reale”.

Il combattimento in gara (kumite shiai) prevede l’incontro tra due atleti, con un regolamento codificato soprattutto per tutelare l’incolumità dei contendenti e per uniformare i parametri di giudizio.

Mentre nel “jiyu kumite” tutte le tecniche del Karate possono essere utilizzate e può essere allenato con più avversari o con avversari armati, il “kumiteshiai” prevede, come suddetto, un numero di tecniche limitato e solamente un avversario.

Premesso ciò è evidente che solamente il “combattimento reale” può dare una risposta certa sulla preparazione e sull’efficacia studiata col “jiyu kumite” nel dojo.

Pertanto sono impossibili, inutili, ed infantili i paragoni tra gli stili o le altre Arti Marziali poiché la verifica può essere fatta solamente in caso di necessità reale: mi auguro che ciò non avvenga mai trattandosi di un evento molto pericoloso, che può mettere in gioco anche la vita propria o di altri!

Per quanto riguarda il “jiyu kumite” i metodi (o stili) prevedono varie forme fondamentali che vengono allenate prima di giungere al jiyu kumite. Nella nostra scuola sono: “kihon gohon kumite”, “kion ippon kumite”, “jiyu ippon kumite”, con varianti e livelli diversi relativi alla preparazione del praticante.

Lo stesso “jiyu kumite” prevede numerose forme di allenamento che dipendono dal livello del praticante e del maestro; anche l’enbu, che viene praticato nella FIKTA, è una forma di “jiyu kumite”.

Il “kumite shiai” può essere regolamentato mantenendolo vicino ai principi dell’ “Arte Marziale” oppure molto lontano da quest’ultima.

Il “kumite shiai” dell’ITKF e della FIKTA cerca di mantenersi il più possibile vicino ai canoni dell’Arte Marziale.

Occorre fare molta attenzione nella pratica del kumite perché è molto facile che diventi una schermaglia con tecniche più o meno efficaci, magari anche spettacolari ma che nulla hanno a che fare con il Karate.

Il kumite del Karate tradizionale è basato sui principi di “sen” e sul “kime” : solamente questo modo di fare kumite si può chiamare Karate.

Perciò è molto importante che i giovani partecipino alle gare di kumite della FIKTA, perché attraverso di loro percepiscano meglio il concetto della “tecnica definitiva”, dell’ “unica possibilità”, dell’ “autocontrollo”.

Il difetto del nostro “kumite shiai” consiste nel fatto che è impossibile creare una situazione reale durante una gara. Sicuramente praticando costantemente “kihon”, “kata” e “kumite”, nelle loro varie forme, potenziando sempre di più il proprio fisico, migliorando l’atteggiamento mentale, allenandosi al makiwara ed al sacco, le tecniche diventeranno sempre più efficaci.

Continuando a praticare il “kumite shiai” si verificherà il proprio livello e, per colmare le lacune riscontrate, occorrerà ripercorrere la strada il “kion”, “kata” e il “kumite”…. e così via, per sempre!

Termino ricordando una frase del Monaco Zen Deshimaru, che chiarisce bene il concetto di combattimento e che ho già avuto modo di segnalare in questa rubrica: “nello sport c’è il tempo, nell’Arte Marziale c’è l’istante”.