1° Intervista al M° Giuseppe Perlati
di Paolo Lazzarini
KARATE-DO nr. 5/07
OSS!!! Maestro, oltre 40 anni di pratica, di acqua sotto i ponti ne è passata, sono
cambiate le Federazioni, sono cambiati i tempi, molti dei suoi vecchi compagni (amici)
hanno deciso di cambiare rotta, ma Lei è sempre li, fedele al Suo Maestro, al Suo
Karate cosi “maledettamente” Tradizionale. Maestro, cosa significa per Lei essere
allievo del M° Shirai e che tipo di rapporto, sotto il profilo umano, ha con esso?
Cominciamo bene! È una domanda che prevede una risposta molto impegnativa perché
coinvolge tutto me stesso.
Cercherò di rispondere tralasciando gli aspetti più intimi perché, egoisticamente,
voglio tenerli per me.
Prima di incontrare il Maestro Shirai, nel 1966, ho avuto la fortuna di conoscere
Bruno Baleotti. Lo ritengo una fortuna perché Bruno mi ha fatto capire subito quale
deve essere il rapporto “maestro-allievo”.
Se non fosse successo probabilmente l’avrei capito ugualmente ma la storia non si
fa con i “se”.
Il rapporto “maestro-allievo” è il pilastro sul quale si basa l’insegnamento, la
trasmissione e la continuità di un’Arte Marziale.
Il “maestro” è la chiave per poter entrare dentro se stesso, per capire i propri
pregi ed i propri difetti, per vedere chiaramente l’obiettivo, per vincere le incertezze,
le paure, per fare, in definitiva, tutto ciò che serve per migliorare e progredire
nel Karate come nella vita.
Ci sono varie forme di “maestro”.
La natura è un “maestro”, l’esperienza è un “maestro”, l’amore è un “maestro”, così
come tutte le persone che ci circondano sono “maestri”. Noi siamo “maestri” di noi
stessi.
Tutto ciò è vero ma, attenzione, come si può seguire una “via” perdendo meno tempo
e non rischiando di sbagliare o di cadere nelle illusioni? Le esperienze delle generazioni
passate sono servite al progresso dell’umanità ed i “maestri” hanno aiutato a percorrere
sempre più rapidamente le “vie” ponendo le basi per i progressi futuri.
Questo è il “maestro” e per incontrarlo occorre essere pronti e fortunati: io non
so se ero pronto, sicuramente sono stato fortunato.
Premesso che è l’allievo che sceglie il maestro, la base del rapporto è la piena
fiducia; con la fiducia si ottiene la sincerità e disponibilità totale; con la sincerità
e disponibilità si giunge al “ i shin den shin”, da cuore a cuore, uno stato particolare
nel quale non servono parole per capirsi.
Il maestro deve essere osservato e imitato il più possibile. Limitarsi a considerare
il maestro un allenatore non serve nelle Arti Marziali anzi, è pericoloso, così
come è pericoloso idealizzarlo trasferendo su di lui le nostre aspettative, i nostri
problemi i nostri difetti.
Ogni allievo avrà un vissuto diverso.
Per quanto mi riguarda da una parte è stato durissimo perché ho dovuto mettere in
discussione tutto me stesso, dall’altra parte è stato semplice perché non ho mai
avuto dubbi nei Suoi confronti e tutto quello che veniva dal “maestro” per me era
naturale farlo.
È stato un processo lungo, doloroso e faticoso ma poi, all’improvviso, è stato come
quando sparisce di colpo la nebbia, come aprire gli occhi in una giornata di sole,
come rinascere, e tutto mi è apparso chiaro, facile e naturale. Ho visto una persona
colma di “amore” vero, universale, ancestrale, che ha fatto uscire anche da me l’
“amore” vero e mi sono ritrovato “principiante”, sulla stessa “via” ma ad un livello
diverso, per un nuovo cammino insieme al mio “maestro”.
Tutto ciò può sembrare troppo idealizzato ma, anche se fosse solo frutto della mia
mente, dei miei bisogni, non cambia nulla perché ciò che conta è “credere” con tutto
sé stesso e la cartina di tornasole sono i risultati: se ci sono la “via” è giusta,
se non ci sono è solo un’illusione.
Per quanto mi riguarda sono entusiasta dei risultati ottenuti.
Da quando Lei ha cominciato negli anni 60 i tempi sono cambiati: è cambiato il rapporto
comunicativo delle persone, sono cambiati i concetti di vita sempre più improntata
sul consumismo e sull’egocentrismo personale. In merito a tutto ciò, cosa prevede
per il futuro del Karate (in generale) e che consigli si sente di dare alle nuove
generazioni di maestri per una più corretta divulgazione dell’Arte
Penso che la parola chiave sia: “non mollare”!
Oggi viviamo in una società protesa a sacrificare l’essere umano all’altare del
profitto.
Le nuove generazioni subiscono enormi pressioni di un mondo globalizzato, difficile
e con forti squilibri.
Gli altri essere umani vengono proposti come avversari anziché come compagni di
viaggio nella vita.
La superficialità domina in tutti i settori invitando a fare di tutto senza mai
approfondire nulla.
Anche il mondo sportivo è stravolto dall’aspetto economico e dal successo ad ogni
costo, il doping ne e’ la conseguenza più chiara e drammatica. In questo scenario
alcuni giovani sono travolti e reagiscono con atti di violenza sempre più efferata.
Il KARATE - DO è sicuramente un mezzo per aiutare i giovani a ritrovare se stessi,
a dare il giusto valore alle cose, a rispettare il prossimo perché sanno rispettare
se stessi, a ritrovare il gusto della vita, perché consapevoli della loro forza
interiore ed abituati a non galleggiare sulla superficialità, ma ad approfondire
ogni cosa in funzione di valori veri.
E’ possibile ottenere tutto ciò attraverso un allenamento costante e preciso nei
minimi dettagli, ma soprattutto con un rapporto ALLIEVO-MAESTRO che solo il KARATE
- DO può dare.
Tanti giovani spesso chiedono aiuto, nei modi più disparati, per essere sostenuti
nel difficile compito di crescere; a questo proposito il KARATE - DO è un formidabile
strumento per creare una società più giusta, serena e felice e la FIKTA è la famiglia
con la quale possiamo contribuire a concretizzare questo grande sogno.
Per questo occorre che i “maestri” abbiano una “mente limpida”, e solamente avendo
una “mente limpida” si può avere un “obiettivo chiaro” da proporre agli allievi.
Occorre anche che i “maestri” abbiano un grande “cuore” per aiutare gli allievi
con serietà, severità e, soprattutto, con “l’esempio” che deve essere sempre positivo
e animato, anche nelle piccole scelte quotidiane, dallo spirito del budo. Se il
consumismo è negativo allora il “maestro” deve dimostrarlo. Se la natura deve essere
rispettata allora deve farlo, per esempio inquinando di meno con l’auto moderando
la velocità. Se deve rispettare gli altri allora deve mettere da parte il suo ego
ed accettare le altre persone, tollerando anche i loro difetti ma guardando piuttosto
ai suoi, aiutandosi a vicenda per superarli, piano piano, ogni giorno.