8° Intervista al M° Giuseppe Perlati
KARATE-DO ott/nov/dic 2008 nr. 12
Maestro, come mai non c’è il Karate alle Olimpiadi? Sarebbe bello vedere i nostri
atleti fregiarsi della medaglia olimpica. Giusy Lombardo
Certamente sarebbe molto bello se il Karate facesse parte degli sport che vengono
presentati alle Olimpiadi.
Oggi, per la gran parte delle persone, “esiste”
solamente ciò che è reso visibile dai media; credo che sia sempre stato cosi.
Anche quando i mezzi di comunicazione erano molto limitati, ciò che “esisteva” e
veniva tramandato ai posteri era solamente, anche se in forma molto limitata, ciò
che appariva eclatante, gli episodi più spettacolari e, spesso, i più crudeli: l’Iliade
e l’Odissea ne sono un esempio. Per la nostra cultura il primo è stato la Bibbia.
Con l’avvento del cinema, della radio e, successivamente, della televisione, fino
ad arrivare ad internet, i messaggi alle popolazioni si sono diffusi in modo esponenziale
e ciò che abbiamo oggi non era neppure immaginabile solo 50 anni fa.
Penso
che se il M° Funakoshi non avesse avuto la grande intuizione di portare il Karate
da Okinawa in Giappone, noi oggi non saremmo qui a praticarlo ed a parlarne.
Dopo oltre mezzo secolo da quell’intuizione, se si auspica una grande diffusione
del Karate, dei suoi valori e del suo straordinario potere educativo sui giovani,
occorre percorrere strade nuove.
Ho premesso ciò per dire che oggi, alle soglie
del terzo millennio, abbiamo due possibilità.
Se riteniamo che la maggior parte
delle persone veda del Karate solo l’aspetto ginnico-atletico, che solamente una
ristretta cerchia di praticanti può riuscire a comprenderlo a fondo e che la sua
diffusione di massa può snaturarlo, allora occorre continuare a promuoverlo con
il “passaparola”, da allievo ad allievo, oppure attraverso incontri (dimostrazioni,
gare di alto livello, contatti con le Scuole, ecc..) molto mirati.
Occorre
concentrarsi sui propri allievi, sull’allenamento, sullo studio profondo per trasmettere
il Karate a chi ne è venuto a conoscenza e ne è interessato promuovendolo, come
ho già detto, con messaggi mirati.
E’ inutile perdere tempo ed energie programmando
manifestazioni che, negli ultimi decenni, hanno interessato solo gli addetti ai
lavori, oppure occorre organizzarle in modo da soddisfare quelli che già praticano
Karate: una sorta di fidelizzazione per ridurre il numero degli abbandoni, senza
aspettarsi del proselitismo.
Se pensiamo invece di raggiungere più persone
possibili con un messaggio corretto su quello che è il Karate, occorre essere inseriti
in un contesto di comunicazione di massa.
Per ottenere questo occorrono notevoli
somme di denaro al fine di ottenere spazi televisivi, o altre iniziative studiate
da esperti della comunicazione. Di solito prima di procedere in questa direzione
occorre fare delle indagini di mercato e, quindi, si ritorna alle risorse economiche
a disposizione. Ed ora vengo al punto delle Olimpiadi.
In genere lo sport si
muove attraverso logiche che prescindono dalla disciplina in sé.
La politica,
gli interessi economici la fanno da padroni perché si è capito che è un formidabile
sistema di potere.
Chi afferma che la politica deve stare fuori dallo sport
sbaglia, non sa che tutte le nostre azioni, le nostre scelte quotidiane, sono politiche,
oppure lo sa vuol far credere ciò che non è.
Anche la tecnica è condizionata
dalla politica e dagli interessi economici. Gli sponsors richiedono visibilità,
i politici ne fanno un bacino di voti ed a tutti loro poco importa se quello che
viene presentato è giusto o sbagliato: lo sport, nel nostro caso il Karate, non
è un fine ma un mezzo per ottenere scopi diversi. Nei dieci anni trascorsi nelle
Federazioni CONI la frase che veniva spesso pronunciata, che mi faceva gelare il
sangue e che dimostra quanto suddetto, era: “in un’ Organizzazione i tecnici vengono
dopo gli addetti alle pulizie”. Pertanto, ben venga il Karate alle Olimpiadi a condizione
che non perda i valori che esso possiede e che può trasmettere ai giovani in futuro.
Se i Giochi Olimpici potranno essere il trampolino di lancio per far conoscere il
vero Karate a milioni di giovani, allora “si” alle Olimpiadi.
Ma se alle Olimpiadi
verrà presentato solo un Karate di calci e pugni privi dei principi del Budo e senza
le gare di kata, allora è meglio che non ci sia perché sarebbe la fine della disciplina.
Anche se inizialmente le condizioni per entrarvi fossero corrette, in futuro la
battaglia sarebbe persa ugualmente per quello che ho detto prima: interessi politici
ed economici.
Standone fuori avremo sempre la possibilità di confrontarci con
tutti e nessuno potrà vantare una particolare ufficialità. Occorre fare delle scelte
e seguire coerentemente la propria strada.
Naturalmente queste sono solo mie
considerazioni personali, pronto a cambiare parere se qualcuno sarà in grado di
mostrarmi altri aspetti del problema.
Giuseppe Perlati